Mindfulness – 3 libri per conoscere ed imparare come e perché funziona la meditazione

Mindfulness –  3 libri per conoscere ed imparare come e perché funziona la meditazione

Passano gli anni e la Mindfulness interessa e coinvolge sempre più persone, la difficoltà a sostenere un ritmo di vita sempre più veloce, la richiesta di prestazioni sempre più elevate, gli impegni, le scadenze, con il loro carico di stress hanno contribuito al successo planetario della meditazione mindfulness uno strumento molto potente per non farci travolgere dagli eventi della vita e migliorare il proprio modo di affrontare gli eventi avversi, ma non solo.

Chi ha sperimentato difficoltà più rilevanti come problemi di salute mentale, ansia, panico o disturbi psicosomatici, si è reso conto che la pratica della Mindfulness può essere un valido supporto per imparare a gestire al meglio la propria vita.

Ma cos’è la Mindfulness? Abbiamo scelto questi tre titoli che a nostro parere costituiscono un’ottima base per conoscere la meditazione Mindfulness e capire come e perché funziona.

Per iniziare: Dovunque tu vada ci sei già, Jon Kabat-Zinn

E’ la base per capire cos’è la mindfulness,  questo grande classico di Jon Kabat Zinn, fondatore della Stress Reduction Clinic e del Center for Mindfulness in Medicine, Health Care and Society presso la University of Massachusetts Medical School è il padre della mindfulness, colui che ha messo a punto il protocollo MBSR Mindfulness Based Stress Reduction un programma che, partendo dalla meditazione, insegna a prendersi cura di sé, sviluppando la capacità  di osservare la nostra mente e i suoi automatismi di reazione per produrre risposte focalizzate prioritariamente sul presente e  su se stessi

Per praticare:  Metodo mindfulness. 56 giorni alla felicità, Mark Williams e Danny Penman

Perché ci facciamo travolgere dalla vita frenetica lasciando che esaurisca le nostre energia, provocando stress? Ce lo chiediamo tutti, ogni giorno, e la risposta torna al punto di partenza, e cioè a noi, alla nostra incapacità di produrre risposte efficaci. Questo libro tradotto in 20 lingue scritto da Mark Williams, professore di Psicologia Clinica all’Università di Oxford, con il giornalista Danny Penman ce lo dimostra invitandoci a mettere in pratica la Mindfulness con un programma di 56 giorni che promette di farci ritrovare lucidità e una vita piena.

 

Per comprende il meccanismo di azione della nostra mente:  Mindfulness e cervello, Daniel Siegel

questo libro scritto da Daniel J. Siegel, professore di psichiatria alla School of Medicine della University of California, nonché direttore esecutivo del Mindful Awareness Research Center e del Mindsight Institute, ci conduce attraverso il supporto di molti dati scientifici in un percorso nel cuore delle nostre vite facendoci capire cosa voglia dire essere consapevoli e accompagnandoci contemporaneamente nella scoperta del funzionamento delle aree cerebrali che guidano le nostre scelte.

CHI NON SI FERMA E’ PERDUTO il cambiamento nell’epoca della distrazione

 

Vincenzo Di Donato

Ormai lo sperimentiamo quasi tutti, viviamo di corsa, il ritmo della vita quotidiana, le scadenze, gli impegni, il lavoro, la famiglia, le paure, le ansie, le preoccupazioni, i nostri obiettivi, le nostre ambizioni, messaggini, e-mail, app, facebook, twitter tablet, computer, ecc e  ci costringono, ci piaccia o no, a non fermarci mai 

 E così la nostra vita diventa una giostra infernale, senza soluzioni, sopraffatti dallo stress e accompagnati costantemente da un disagio al quale molto spesso non siamo in grado nemmeno di dare un nome.

Se ti svegli al mattino, ti guardi allo specchio  e ti chiedi: ma posso continuare in questo modo, ma chi me lo fa fare, oppure se vai a dormire pensando di aver sprecato un’altra giornata della tua vita, sei ufficialmente in una fase nella quale non c’è più tempo da perdere….

E normale chiedersi ma chi me lo fa fare e quale sia il senso di continuare a vivere un’esistenza che non ti dà alcuna felicità. È normalissimo avere dubbi esistenziali in un mondo che ci spinge a pensare che chi si ferma è perduto che ci costringe in un ritmo nevrotico, un accelerazione costante, un continuo fare nel quale non c’è spazio per fermarsi, per vivere, per portare un’attenzione a quello che accade dentro e fuori di noi e scegliere ciò che conta veramente.

Ci dicono che esistono valori intoccabili da seguire nella vita, in primis il denaro, i guru del marketing ci dicono quali devono essere i nostri bisogni, quali sono i vestiti alla moda, l’automobile giusta per conquistare l’ammirazione e il rispetto degli altri, ci dicono tante cose ma raramente ci diranno che per realizzarci, per riprendere in mano la propria vita dobbiamo imparare a fermarci, a domandarci chi siamo cosa ci muove, cosa ci appassiona veramente e capire se stiamo andando nella direzione giusta.

Al contrario, tutto ci porta a non fermarci mai, ad un fare incessante con un asticella che si alza sempre di più e allora la vita diventa un gioco infernale, stress, disagio e malattie psicosomatiche  diventano i sintomi di una vita aliena, vissuta lontano da se e da ciò che è  veramente importante.

Ingaggiati nostro malgrado in questa corsa ad ostacoli, impegnati a fare sacrifici continui, in vista di un futuro “migliore” ci dimentichiamo di vivere il presente, così il tempo passa inesorabilmente, finché un giorno qualcosa si rompe dentro di noi. Non ti svegli più pensando ‘chi me lo fa fare‘. No, stavolta quando ti guardi allo specchio il pensiero è molto più spaventoso: ‘Come diavolo è possibile che il tempo sia passato così in fretta e soprattutto ma questa è veramente  la vita che voglio?”

E’ vero è un pensiero che spaventa, specie se pensi di avere tanti troppi anni e di non avere più tempo, anche per cambiare, ma come in tutte le situazioni della vita c’è sempre una via di uscita, un ancora a cui aggrapparsi quando il mare è particolarmente tempestoso. In questo caso vuol dire tornare padroni del proprio tempo, imparare a riconoscere i propri segnali di stress e diventare consapevoli dei propri modelli di pensiero e dei comportamenti abituali ed automatici che molto spesso ci impediscono di raggiungere il nostro pieno potenziale umano e una stabile condizione di benessere mentale e fisico. Solo così puoi davvero riprendere nelle mani la tua vita adesso.

Forse ti dirai che non è ancora il tempo, che stai aspettando il momento giusto, quello dove tutte le cose si incastrano alla perfezione. Il momento in cui avrai la nuova casa, il nuovo lavoro, la laurea, il matrimonio, i soldi, o quando tutto sarà perfetto e nessuna possibilità di fallire.

La verità è che questo momento non esiste. Il momento giusto è solo uno ed è molto più facile da cogliere ed è ora.

Ora è il momento giusto per iniziare un grande cambiamento di vita. Ora è il momento giusto per acquisire una nuova consapevolezza. Ora è il momento giusto per andare a riprendersi la propria felicità.

Non puoi permetterti il lusso di aspettare e avere tutte le condizioni favorevoli. Si sa, ad aspettare il giusto vento, si finisce per non salpare mai.

Se vuoi cambiare la tua vita, il momento è adesso. Fallo ora. Attenzione, non devi cambiare tutto e subito, questa è un’altra trappola psicologica, concediti il tempo, ma comincia a coltivare l’intenzione da adesso e metti in moto il cambiamento, a cominciare dalle piccole cose,  a cominciare da piccoli gesti.

L’unica cosa che possiedi è il momento presente, non hai nessun’altra certezza. E visto che verosimilmente la tua vita non cambierà per caso o grazie a qualcun altro, puoi fare solo una cosa: iniziare ora il tuo cambiamento. Fai qualcosa subito, senza rimandare o aspettare.

Comincia col fare il primo passo adesso, provaci adesso, certo hai bisogno di una buona dose di pazienza e perseveranza, è difficile cambiare le abitudini e gli automatismi di una vita ma il cambiamento è come spingere una roccia giù da una montagna all’inizio muoverla di un millimetro è un impresa durissima, ma quando inizia a rotolare non la ferma più nessuno.

Se già ci hai provato tante volte senza riuscirci  e nonostante i tuoi sforzi:

  • ti senti stressato
  • ti senti intrappolato
  • ti senti sopraffare dalla quotidianità
  • non riesci a dare una direzione alla tua vita
  • ti sembra difficile cambiare qualcosa nella tua vita
  • hai bisogno di fare un cambiamento
  • vuoi provare ad essere felice
  • vuoi sfruttare il tuo potenziale

Se pensi di non avere la forza e gli strumenti per cambiare realmente allora la Mindfulness ed il programma (MBSR) Mindfulness Based Stress Reduction può darti un aiuto reale.

Dott. VINCENZO DI DONATO: Psicologo, Esperto in Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni, Insegnante di Mindfulness e Protocolli MBSR, ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento del programma MBSR del CFM Center for Mindfulness in Medicine, Health Care and Society, Medical School dell’Università del Massachussets di Jon kabat Zinn.

«Tra vent’anni non sarete delusi dalle cose che avete fatto, ma dalle cose che non avete fatto. Allora levate l’ancora, abbandonate i porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele. Esplorate, sognate, scoprite», Mark Twain.

Quando lo stress fa ammalare davvero

Quando siamo sotto stress e non riusciamo a ridurre il ritmo della nostra vita, rischiamo di ammalarci di molte patologie; come rimediare

Lo stress e i ritmi accelerati

Uno stile di vita, un gruppo di malattie. Benché sembri un beffardo slogan, questa espressione ben riassume un fenomeno che gli studi di medicina psicosomatica stanno sempre più confermando. È accertato da tempo che lo stress predispone l’organismo a una generica “maggiore possibilità di ammalarsi”, ed è ormai sempre più evidente che un particolare modo stressante di vivere, di percepirsi, di relazionarsi e di organizzare il tempo, favorisce di più l’insorgenza di alcune patologie rispetto ad altre.

Fra i tipi di stress che logorano maggiormente c’è senz’altro la fretta. Per molti non è qualcosa di sporadico, che si attiva – come è naturale che sia – in situazioni specifiche di ritardo per poi disattivarsi una volta che l’appuntamento o l’evento siano stati superati; lo stress è diventato un abito esistenziale, la fretta una costante, presenti entrambi per quasi tutto il tempo della giornata.

Sempre di corsa, lo stress è in agguato

A volte lo stress si esprime come sensazione di essere in ritardo anche quando non ci sono orari particolari da rispettare; altre volte ci fa immergere in un vortice di iperattività senza sapere bene perchè si va così veloci; e altre ancora si manifesta con l’incapacità di prendersi pause o di rallentare perché ci si sente subito in colpa, anche se non c’è motivo. La frustrazione per non riuscire ad afferrare il futuro è ingigantita dall’impossibilità («Non c’è tempo!») a elaborare il passato.

Le cause dell’instaurarsi di questa forma di stress sono molteplici e vanno da una marcata incapacità di organizzare il tempo, a un disturbo d’ansia, dalla paura dei momenti “vuoti” al timore del giudizio, all’insicurezza, al senso di inadeguatezza. In tutti i casi lo stress va superato perché, se dura troppo a lungo, il corpo farà sentire il suo disagio, attraverso uno o più sintomi.

 

I consigli: rallenta i tuoi ritmi poco a poco

Prima di sottoporti a una psicoterapia, a trattamenti corporei antistress o a tecniche di rilassamento, è fondamentale ridurre il senso di fretta allentando un poco il ritmo di impegni, altrimenti saranno fonte di ulteriore stress.

Sii graduale

Un corpo che da mesi e anni vive lo stress come uno stile di vita, non può abbandonarlo di colpo: i sintomi aumenterebbero. Inserisci cambiamenti graduali e progressivi nella tua settimana, con decisione ma… senza fretta.

Una pratica molto efficace per la gestione e la riduzione dello stress è la Mindfulness.

per saperne di più:   https://www.mindfulnapoli.it/yoga-yoga-yoga/

 

ANSIA: qualche consiglio per liberarsene

“Sono un uomo molto vecchio e ho avuto un gran mucchio di guai, la maggior parte dei quali non mi sono mai capitati.” – Mark Twain

Che cos’è l’ansia, cos’è che effettivamente ci rende ansiosi, ci causa stress e ci impedisce di vivere in modo sereno gran parte delle nostre giornate?

La preoccupazione!!! Una delle principali cause di sofferenza e di persistenza dello stato ansioso è la preoccupazione.

La preoccupazione di non essere all’altezza, la preoccupazione di poter deludere gli altri, la preoccupazione di sbagliare, la preoccupazione di qualcosa di negativo che potrebbe accadere a noi o a i nostri cari, la preoccupazione di non riuscire ad ottenere ciò che desideriamo.

In sostanza ciò che ci causa stress, ansia e angoscia non è di norma qualcosa riconducibile immediatamente ad una fonte attuale e presente di infelicità o insoddisfazione, ma è la PROIEZIONE delle nostre preoccupazioni e del timore che quelle fonti di infelicità e insoddisfazione si possano concretizzare.

Ci angoscia una ipotesi, una possibilità eventuale, non la condizione presente e concreta. Abbiamo paura di sbagliare qualcosa che faremo stasera o domani o fra una settimana, ma quella paura ci attanaglia oggi, ci angoscia oggi, ci impedisce di vivere in piena serenità l’unico momento che conta davvero, ovvero il momento presente, il qui e ora.

L’aspetto piu’ bizzarro e paradossale di tutto questo è che molto spesso le nostre paure non si concretizzano, ciò che ci preoccupa la maggior parte delle volte non diviene affatto realtà, i timori che ci attanagliano nel tempo si rivelano infondati.

La normale conseguenza di tutto ciò è che ci ritroviamo ad aver trascorso lunghe ore e giornate intere in uno stato di angoscia e preoccupazione legato a paure che si sono poi rivelate vane proprio perchè inerenti a fatti e situazioni che non si sono verificati.

La cattiva notizia è che il gioco continua per lungo tempo in questo modo, perchè siamo bravissimi a individuare nuovi motivi di ansia, angoscia e preoccupazione per qualcosa che presto o tardi, pensiamo potrebbe verificarsi, ci infiliamo insomma in una spirale negativa, in un circolo vizioso dal quale è difficile riuscire ad emergere.

Gran parte della nostra infelicità, insomma, è legata alla preoccupazione, non ad un’effettiva e attuale causa concreta di dolore.

Cosa significa tutto questo? Che così facendo, innanzitutto, stiamo mancando il presente, ci stiamo dimenticando di vivere il qui e ora.

Stiamo mancando la straordinaria e irripetibile opportunità di godere pienamente delle meraviglie del momento presente. Ci stiamo lasciando sfuggire il piacere di assaporare fino in fondo la bellezza di questo istante.

Ci lasciamo sopraffare dalle preoccupazioni e ci dimentichiamo di vivere.

Non solo. Dominati da un costante senso di ansia, disagio e frustrazione, finiamo per sprecare le nostre risorse e le nostre energie tra pensieri negativi e affanni inutili, senza davvero concentrarci in modo utile e costruttivo sui nostri problemi.

Come fare allora a liberarci dalla sensazione di ansia e preoccupazione che così spesso ci attanaglia?

Ecco di seguito alcuni semplici consigli:

Abbraccia il presente

L’unico momento che realmente esiste è questo preciso istante, il qui e ora. Puoi trarre preziosi insegnamenti dal passato e proiettarti con fiducia ed entusiasmo verso il futuro, ma la sola realtà che puoi vivere adesso è il presente. Allora non lasciartelo sfuggire e vivilo con tutta l’intensità possibile.

Lascia scivolare via i pensieri negativi

Arrovellarsi sui pensieri negativi, lasciandosi trasportare in una nefasta spirale di preoccupazioni e scenari pessimisti, è un esercizio perfettamente inutile che non potrà far altro che nuocerti. Allora, quando un pensiero negativo affiora nella mente, non lasciarti rapire, non inseguirlo. Osservalo, riconoscilo e accettalo, ma al contempo prendine le distanze, non identificarti con esso. Osservalo e lascia che se ne vada così come è arrivato, come una nuvola che solca il cielo e poi scompare nell’orizzonte.

Focalizzati sulla risoluzione dei problemi

Lasciare scivolare via i pensieri negativi non significa certo prendere le distanze dai problemi. Al contrario, mantenere il focus sul presente senza lasciarsi rapire dalla negatività rappresenta la condizione ideale per concentrarti sulla risoluzione dei problemi. Focalizza la tua attenzione in modo chiaro e distaccato sui tuoi problemi, analizzali con lucidità e prova a mettere in pratica le mosse che ritieni più adatte per risolverli. Un piccolo passo alla volta, hai sempre la possibilità di rendere migliore il tuo presente e, allo stesso tempo, crescere come persona.

Accetta ciò che non puoi cambiare

Ci sono situazioni ed eventi che non sono sotto la tua sfera di controllo. E mai lo saranno. Malattie e lutti sono soltanto un esempio. Accettalo. Accetta il fatto che non sempre avrai la possibilità di costruire il futuro esattamente come lo avevi immaginato. Assumine consapevolezza e prendi atto serenamente dell’imponderabilità degli eventi umani.

Assumi consapevolezza del vero segreto della felicità

Se puoi respirare, se puoi vivere il momento presente, se accetti cio’ che non puoi cambiare, se provi a non lasciarti trascinare dai pensieri negativi e ti focalizzi invece sulla risoluzione dei problemi, non c’è nessun reale motivo, in questo esatto momento, che ti impedisca di essere felice, quindi respira, prova a sorridere e sii grato al miracolo della vita.

Il valore adattivo dell’ansia

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Storicamente, l’ansia è sempre esistita, è ubiquitaria nella condizione umana di tutti i tempi. Dall’ inizio della storia, i filosofi, i religiosi, i leader, gli studiosi, e più recentemente i medici così come gli psicologi e gli psicoterapeuti, hanno da sempre tentato di spiegare il mistero dell’ansia e di sviluppare interventi che potessero essere in grado di affrontare efficacemente questa condizione pervasiva dell’umanità.
L’ansia consiste in una reazione di attivazione psicofisiologica (più o meno intensa) che ha la funzione di preparare l’organismo all’azione, sia nei termini di una di difesa, come la fuga e l’immobilizzazione (freezing) che nei termini di attacco (difensivo) di fronte ad un pericolo percepito (reale o meno). Le attivazioni neurofisiologiche che sono alla base dei sintomi ansiosi negli esseri umani coincidono con quelle osservate tanto negli umani quanto negli animali (mammiferi soprattutto) nel corso di una risposta di paura.
Vediamo infatti che i sintomi dell’ansia e le manifestazioni della paura sembrano essere mediati dalle stesse strutture nervose e dagli stessi mediatori chimici (neurotrasmettitori e neuromodulatori) la cui funzione è quella di preparare o predisporre l’organismo ad una reazione comportamentale che gli consenta di cavarsela (sopravvivere o ridurre il danno) nel migliore dei modi in una situazione percepita come pericolosa e cioè percepita in grado di arrecare una qualche forma di danno (dolore, sofferenza, morte).
Sia l’ansia che la paura implicano uno stato di attivazione psicofisiologico chiamato arousal. L’ansia implica un livello di arousal moderato, la paura un livello più elevato.
L’ansia è definibile come il senso di apprensione che si prova nel prevedere un certo problema. Si differenzia dalla paura che invece è una reazione a un pericolo immediato. Mentre la paura riguarda tendenzialmente una minaccia presente, l’ansia è relativa ad una minaccia futura, a qualcosa che potrebbe verificarsi. In definitiva la paura è contraddistinta dall’ immediatezza mentre l’ansia dalla “previsione”, per cui, una persona che si trova davanti ad un orso prova paura, mentre una studentessa che si preoccupa pensando all’ esito dell’esame universitario prova ansia.
L’errore più diffuso che fanno molte persone è quello di non voler provare più ansia. Sfatiamo un mito. L’ansia è qualcosa di naturale e fisiologico ed una vita senza ansia sarebbe monotona, noiosa e pericolosa! L’eliminazione totale dell’ansia non è né auspicabile né possibile, ma la sua riduzione all’ interno del normale range di esperienza umana è l’obiettivo comune del trattamento per i disturbi d’ansia. L’ ansia e lo stress, come anche la paura, fanno parte della vita e sono risorse fondamentali per l’adattamento e la sopravvivenza degli esseri viventi.
Tuttavia esistono diversi livelli di ansia e di paura differenti per intensità o frequenza, con diversi criteri, specifici per ogni disturbo, che precisano in che termini l’ansia o la paura devono interferire col funzionamento della persona, o causare disagio, perché si possa trarre la diagnosi di un particolare disturbo.
Il disturbo d’ansia puo’ essere un disagio psicologico a sé stante oppure un sintomo di altri disturbi psicologici (ad es. depressione). L’ansia eccessiva o incongrua è uno dei problemi psicologici più diffusi al mondo. L’ansia e la paura non sono però fenomeni psicopatologici in se stessi. Purtroppo la convinzione diffusa che l’ansia sia questo è uno dei motivi per cui i disturbi d’ansia diventano cronici.

Non è l’ansia in se stessa a definire una condizione psicopatologica,
ma la risposta della persona all’ ansia.

L’ansia è un indicatore. Il nostro corpo ci manda dei messaggi ogni giorno. Noi possiamo continuare a commettere l’errore più comune, ovvero cercare unicamente di combatterli o peggio ancora ignorarli (e questo in genere lo si paga caro) oppure possiamo iniziare ad ascoltarli.
Se proviamo ansia significa che c’è qualcosa che non va nel modo in cui stiamo affrontando lavita. Solo ascoltandola possiamo iniziare a fare le giuste riflessioni sulla nostra esistenza. Il passo successivo sarà quello di chiedere aiuto ad un esperto

Esercizi e tecniche di rilassamento per ristabilire l’equilibrio in caso di ansia e stress eccessivi

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Al di là della terapia farmacologica e della psicoterapia, la cui efficacia è stata dimostrata, esistono molti rimedi più semplici che chiunque può praticare a casa propria. Tra questi le tecniche di rilassamento, che richiedono uno sforzo limitato e possono essere utilizzate in qualsiasi momento. Queste tecniche rappresentano una risposta naturale e fisiologica allo stress; possono verificarsi anche quando non si è coscienti di queste reazioni del nostro corpo. Il rilassamento viene definito come uno stato psicofisico nel quale l’individuo si sente sollevato dalla tensione. Raggiungere uno stato di rilassamento significa quindi essere in grado di controllare il livello di attivazione fisiologica, in modo tale da creare i presupposti per liberarsi dalla tensione.
Quando lo stress e l’ansia condizionano il normale funzionamento dell’organismo il rilassamento può essere utile al fine di ristabilire l’equilibrio. In oriente le tecniche di rilassamento sono conosciute e seguite da secoli: i maestri di yoga le praticavano come un aspetto fondamentale della loro disciplina; in occidente invece l’interesse per queste tecniche è stato scarso fino agli ultimi decenni, quando si è iniziato a considerare l’organismo come un sistema complesso costituito dall’interazione tra mente e corpo. Un contributo fondamentale allo studio del rilassamento e alla sua pratica terapeutica fu apportato dal professor J. H. Schultz, il quale sviluppò un metodo chiamato training autogeno. Si tratta di uno stato di leggero trance autoindotto attraverso tecniche di autosuggestione, il quale porta ad uno stato di rilassamento fisico e mentale.
Dopo gli studi di Schultz, molti psicologi e medici hanno cominciato ad usare le tecniche di rilassamento in aggiunta alle terapie di tipo convenzionale. Grazie al crescente interesse per questo campo di studi oggi sappiamo che tecniche diverse possono essere adattate a diversi tipi di personalità.
Le tecniche riportate di seguito non vanno intese come un’alternativa alla psicoterapia, piuttosto come un’integrazione ad essa, o semplicemente come un esercizio di rilassamento da poter utilizzare comodamente a casa propria quando si ha un po’ di tempo da dedicare a sé stessi. Chiunque può eseguire questi semplici esercizi e trarne beneficio, non c’è alcuna controindicazione o pericolo.

Prima di iniziare con gli esercizi è necessaria una fase di preparazione per predisporre corpo e mente al rilassamento:

indossa abiti comodi e leva le scarpe prima di iniziare l’allenamento;
puoi sedere su una poltroncina, su un divano, su una sdraio o sdraiarti sul letto, avendo l’accortezza di verificare che nessuna parte del corpo sia in tensione;
sistemati in una posizione comoda, non importa se sdraiato o seduto;
l’importante è sentirti comodo;
può essere utile passare qualche minuto sprofondando sempre di più nella poltrona;
se sei seduto appoggia le mani sulle gambe o sui braccioli;
se sei sdraiato metti le braccia lungo i fianchi.
Le tecniche risultano più efficaci se praticate ad occhi chiusi.

ESERCIZIO 1: RESPIRAZIONE CONTROLLATA

• Chiudi gli occhi;
• Fai un respiro profondo, contando mentalmente e lentamente fino a tre;
• Spingi l’aria inspirata verso la pancia, e via via sempre più su fino a riempire completamente i polmoni;
• Trattieni il respiro per circa tre secondi;
• Non avere fretta, prenditi il tuo tempo;
• Espira lentamente contando fino a cinque;
• Non forzare eccessivamente il respiro, ma mantienilo fluido e regolare;
• Ripeti l’operazione;
• Concentra l’attenzione su quel punto della pancia che si alza e seguilo su fino al torace;
• Utilizza il naso per inspirare, la bocca per espirare;
• Mentre espiri cerca di liberare la mente da problemi e preoccupazioni;
• Fai scorrere via i pensieri insieme all’aria che esce dal tuo corpo;
• Mantieniti calmo e rilassato;
• Concentrati sulla respirazione e prova a ripetere l’esercizio per dieci minuti;
• Se ti concentri sulle fasi della respirazione non verrai assalito da pensieri spiacevoli.
Esercitati per pochi giorni e presto scoprirai come sia facile raggiungere uno stato di rilassamento.

ESERCIZIO 2: RILASSAMENTO MUSCOLARE PROGRESSIVO

Questa tecnica si basa sull’alternanza contrazione/rilascio di alcuni gruppi muscolari; è stata ideata negli anni trenta dal medico e psicofisiologo statunitense Edmund Jacobson.
Per raggiungere il massimo rilassamento è indispensabile esercitarsi con regolarità, evitando di lasciar trascorrere più di 4 giorni tra un allenamento e l’altro;
la durata dell’esercizio varia tra i 30 e i 45 minuti, durante i quali è importante non essere disturbati;
è fondamentale vestire in modo comodo, oscurare l’ambiente circostante e assicurarsi che la temperatura sia confortevole;
sdraiarsi su una superficie dura, stendere le braccia lungo il corpo, tenere le gambe leggermente divaricate, lasciare che i piedi cadano in fuori;
prima di cominciare l’esercizio vero e proprio iniziare a respirare i modo profondo utilizzando le tecniche suddette

Ora si può cominciare:

• tirare le dita dei piedi verso il corpo, mantenere intensa la tensione per 2-3 secondi. Lasciare e rilassare circa 15 secondi;
• piegare ora le dita dei piedi e cercare di stendere la pianta del piede sul pavimento. Tenere in tensione e rilasciare;
• contrarre i muscoli della gamba tenendo il piede a martello. Mantenere la massima tensione poi rilasciare. Procedere prima con una gamba poi con l’altra;
• contrarre glutei e bacino insieme, tenere e poi rilassare;
• contrarre i muscoli addominali, ritraendo il ventre, mantenere e lasciare;
• ora si passa alle braccia, partendo dalle mani. Stringere forte il pugno, poi rilasciare;
• contrarre i muscoli delle braccia piegando l’avambraccio sul braccio e mantenendo la tensione cercare di raggiungere con il polso la spalla. Stendere di nuovo il braccio sul suolo e rilassare;
• spingere con le braccia contro il torace e i fianchi e contemporaneamente porre le spalle in basso e in avanti. Rilasciare;
• muovere le spalle in basso e indietro per contrarre la zona della spalle e delle scapole. Contrarre e rilassare;
• per i muscoli della nuca tirare in alto le spalle contraendo i trapezi e incassare la testa tra di esse. Contrarre e rilassare;
• corrugare la fronte, strizzare gli occhi e stringere le labbra il più possibile. Tenere e rilassare;
• al termine dell’esercizio rimanere sdraiati per qualche minuto cercando di percepire il profondo rilassamento. Continuare a respirare profondamente.

Lascia da parte tutte le preoccupazioni, le tensioni. Siediti sul pavimento a gambe incrociate, in posizione comoda, cercando di mantenere la schiena ben eretta;
se preferisci siedi su una sedia, mantenendo sempre la spina dorsale ben eretta;
chiudi gli occhi, tienili immobili e rilassati sotto le palpebre;
una volta che il tuo corpo è sistemato in modo comodo e privo di tensioni inizia ad ascoltare i rumori che giungono da lontano, dall’esterno rispetto alla stanza in cui ti trovi. Fissa la tua attenzione su di essi;
ascolta i suoni, così, senza fretta né obiettivi, per alcuni minuti;
ora restringi il campo di percezione della coscienza alla dimensione della stanza;
non aprire gli occhi, ma cerca di percepire le pareti, il soffitto, il pavimento, gli oggetti presenti vicini;
ora focalizza la tua attenzione su te stesso. Percepisci te stesso, seduto in meditazione, il tuo corpo, la tua esistenza fisica;
deconcentrati e lasciati pervadere dalla calma e dalla serenità;
noterai adesso che il respiro si è fatto più lento, ma al tempo stesso anche più evidente;
ora, con dolcezza, convoglia l’attenzione sul tuo respiro. La tua attenzione è rivolta completamente ad esso;
sei perfettamente cosciente del tuo essere, nel presente, nel qui ed ora;
quello che stai sperimentando è uno stato di coscienza, uno stato dell’essere. Hai preso dimora nella tua coscienza e ci resterai, con naturalezza e piacere, fino a che ti sarà possibile;
se qualche pensiero si presenta, osservalo pure; ma da lontano, non lasciarti coinvolgere;
allenati al distacco, guarda la tua mente dall’esterno, non farti coinvolgere dalle emozioni. Devitalizza i pensieri semplicemente spogliandoli del loro aspetto emotivo. In questo modo rimarranno utili nella tua memoria solo come una esperienza; non ti disturberanno più;
quando decidi di terminare la meditazione devi farlo gradualmente, compiendo il percorso opposto rispetto all’inizio, muovendo con calma la concentrazione dal centro del tuo essere alla periferia, fino a che non riprenderai coscienza del tuo corpo fisico e dei suoni che ti giungono dall’esterno.
sciogli la posizione lentamente, senza fretta;
tieni presente che una meditazione prolungata porta il battito cardiaco e la pressione a livelli molto bassi e un risveglio troppo repentino sarebbe traumatico; il suono del telefono o qualsiasi altro rumore improvviso durante la meditazione profonda, può procurarti un tuffo al cuore. Per questo devi essere attento nell’organizzare il luogo e le giuste condizioni per la pratica.

Come combattere l’ansia quindi e contrastare i processi che sono alla base di questo disagio? Esistono diversi modi per dissolvere le preoccupazioni inutili e sviluppare un atteggiamento più calmo e centrato nella vita.
La strategia di cui ti parlerò oggi non riguarda una tecnica specifica ma è una pratica, che se applicata costantemente può modificare sostanzialmente il tuo modo di vivere e contrastare così la tendenza della tua mente ad agitarsi e preoccuparsi in modo inutile e dannoso.

Come combattere l’ansia con la Mindfulness.

Questa è un’antica pratica Buddista basata sulla meditazione che prende il nome di Mindfulness.
Sono ormai numerosissime le ricerche scientifiche che ne hanno convalidato l’efficacia.
Diverse evidenze scientifiche affermano che la semplice pratica della mindfulness può davvero cambiare il tuo atteggiamento mentale in un modo così profondo da cambiarti la vita. Sono stati documentati infatti cambiamenti sia sul funzionamento che sulla struttura del cervello. Il ricercatore Richard Davidson (del Laboratorio di Neuroscienze Affettive all’università del Wisconsin) e Jon Kabat-Zinn (uno dei principali insegnanti di questa pratica e professore in medicina all’università del Massachusset), hanno condotto alcuni studi in cui hanno riscontrato gli effetti benefici su impiegati stressati del programma di Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR) ideato da Kabat Zinn. Il MBSR è un programma di 8 settimane per la riduzione dello stress nato nel 1979 e ora è offerto in oltre 200 centri medici, ospedali e cliniche.
In seguito a questo programma queste persone riportavano un miglioramento dell’umore, maggior energia e cosa incredibile anche una miglior risposta del sistema immunitario.

Quali sono i principi chiave della Mindfulness?

Mindfulness non si riferisce a un particolare stato della mente ma a un particolare tipo di atteggiamento verso la vita. Kabat-Zinn l’ha così definita: “la mindfulness significa prestare attenzione in un modo particolare; su un obiettivo, nel momento presente e senza giudicare ”
Praticare la mindfulness significa incentrare il focus della propria vita sul momento presente, consapevoli del fatto che il passato non esiste più, il futuro è solo una fantasia e l’unica realtà disponibile è la finestra percettiva che abbiamo nel momento presente, unico istante nel quale si svolge la nostra esistenza.
Già seguendo questo principio quasi la totalità delle preoccupazioni inutili viene eliminata poiché la maggior parte di queste non riguarda pericoli reali, ma sono create da pensieri che riguardano il passato e causano sensi di colpa o rimpianti, oppure pensieri che riguardano ipotetici scenari futuri pieni di pericoli e minacce e creano ansie e timori.
A tal proposito è importante sottolineare che nel predire eventi futuri la mente raramente lo farà in modo neutro e imparziale ma, per motivazioni legate al pericoloso contesto ambientale nel quale ci siamo evoluti, prediligerà scenari che presentano rischi e insidie varie.

Preoccuparsi non aiuta

Prima di iniziare con la pratica è utile quindi fare una distinzione tra preoccupazioni e problem solving costruttivo. Il problem solving è un processo lucido di analisi finalizzato a trovare soluzioni a situazioni problematiche. Le preoccupazioni invece includono un tipo di pensiero circolare, ripetitivo e spesso ansioso che in genere non produce risultati pratici.
Le preoccupazioni infatti non risolvono problemi. Sono le azioni a farlo. Lo stato creato dalla pratica Mindfulness o altre metodologie similari è quello in cui, se richieste, le azioni migliori per superare nel modo più efficiente una determinata situazione tendono ad affiorare naturalmente. Questo senza che il nostro raggio di azione sia limitato da schemi reattivi passati ed emozioni disturbanti.
Sviluppare un atteggiamento Mindfulness significa quindi restare presenti ed equanimi nell’esperienza corrente in modo aperto senza seguire gli abituali schemi di comportamento, quando non necessari.
Poiché la pratica base per coltivare la mindfulness consiste nel dirigere l’attenzione in modo consapevole ecco una serie di esercizi per integrare quest’atteggiamento nella vita quotidiana.

1-Respiro.

La respirazione è utilizzata come strumento chiave in molte pratiche meditative anche perché potendo aver luogo solo nel momento presente, può aiutarci ad ancorarci ad esso. Durante la giornata prenditi quindi 5 minuti, siediti e inizia a portare la tua consapevolezza sul respiro. Ogni volta che compare un pensiero, osservalo senza giudicare, senza cercare di cambiarlo e poi riporta l’attenzione sul respiro. Sperimenta cosa si prova a notare un pensiero con un atteggiamento d’accettazione.

2-Attività quotidiana.

Prendi un’attività che tendi a ripetere tutti i giorni come mangiare o lavarti i denti e invece di eseguirla in modo robotico e automatico, presta attenzione all’ esperienza sensoriale di ciò che fai. Ad esempio se ti stai lavando i denti nota la sensazione delle setole dello spazzolino a contatto con i tuo denti e con le gengive, lo scrosciare dell’acqua che esce dal rubinetto, il rumore causato dallo spazzolare. Potresti notare anche il profumoalla menta del dentifricio e il modo in cui impugni il manico dello spazzolino.

3- Body scan.

Anche questa è una pratica volta ad allenare il “muscolo” della mindfulness e può essere un ottimo modo per rilassarsi e sciogliere lo stress entrando in uno stato di piacevole rilassamento.
A fine giornata o in un momento a te congeniale, siediti e inizia a portare l’attenzione sulle diverse parti del corpo. Partendo dal cuoio capelluto scendi sulla fronte, le guance e prosegui giù fino alle dita dei piedi. Come nell’esercizio precedente qualora affiorasse un pensiero limitati ad osservarlo senza giudicarlo, poi riporta l’attenzione sulla parte del corpo nella quale ti trovavi.
Quanto più a lungo e frequentemente durante la giornata eseguirai queste pratiche, quanto più profondi e duraturi saranno i benefici che riscontrerai.

Meccanismi biologici dell’ansia

biologico

L’ansia rappresenta una condizione psicofisica che comporta manifestazioni psichiche e somatiche, coinvolgendo complessi meccanismi e sistemi neuronali.
Di seguito viene riportata una descrizione chiara ed esaustiva dei meccanismi neurofisiologici collegati alla reazione ansiosa
Diverse sono le aree coinvolte nella modulazione dell’ansia, tra cui, le maggiori risultano essere il talamo, e l’amigdala.
Per quanto concerne il primo, esso assolve ad una funzione di collegamento primario tra i sistemi recettoriali esterocettivi ( uditivi, visivi e somatosensoriali) e le aree corticali deputate all’elaborazione dello stimolo ansiogeno, ovvero la corteccia sensoriale dapprima, e le strutture sottocorticali poi ( giro del cingolo, corteccia orbitofrontale e amigdala), coinvolte nelle risposte affettive, comportamentali e somatiche.
Per quanto riguarda poi l’amigdala, essa è responsabile dell’acquisizione e dell’espressione della paura condizionata attraverso una via breve, automatica ed involontaria ( short loop) che riceve le informazioni dal talamo, ed una via lunga ( long loop) , che implica la processazione dell’informazione attraverso la corteccia, poiché riceve i segnali dalla corteccia sensoriale, dall’insula e dalla corteccia prefrontale.
L’amigdala rappresenta quindi l’epicentro degli eventi coinvolti nella modulazione degli stati d’ansia, dell’animale e dell’uomo, con un ampio spettro di connessioni reciproche con le strutture corticali, limbiche, implicate nella risposta emozionale, cognitiva, autonomica ed endocrina allo stress.
Le interazioni neuronali tra amigdala e le atre regioni corticali e sottocorticali consentono la messa in atto di comportamenti di reazione al pericolo, dipendenti da molteplici variabili quali le caratteristiche biologiche dell’individuo, il suo temperamento, le esperienze pregresse, la contingente situazine emozionale etc..
In tal senso il carico stressogeno di un evento risulta più correlato alla valutazione soggettiva di un individuo che alla realtà obiettiva dell’evento stesso.
Un ruolo peculiare riscontrato nell’amigdala riguarda il contesto dell’incertezza, costrutto che sta alla base di molti paradigmi d’ansia, soprattutto di quella anticipatoria. L’incertezza può essere attesa, in un contesto già percepito come a rischio, o manifestarsi come inattesa quando esiste una modificazione di un contesto precedentemente non preoccupante ( ex malato oncologico in visita di follow-up)-
Inoltre, l’esposizione allo stressor determina una modifica anche dei sistemi neurotrasmettitoriali del Sistema Nervoso Centrale, in particolare di quello della dopamina, della serotonina e della noradrenalina, oltre al coinvolgimento del sistema gabaergico con riduzione della funzione inibitoria del GABA ( acido amino butirrico) e liberazione di sostanza endogene ad azione ansiogenica
Le vie efferenti del circuito ansia-paura innescano poi una risposta autonomica che coinvolge il sistema simpatico e parasimpatico.
Nel primo caso determinano un aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, sudorazione, piloerezione, dilatazione pupillare ( per intervento dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene), nel secondo sintomi urinari e gastrointestinali ( con interesamento del nervo vago e splancnico).
Infine il Sistema Nervoso Centrale, attraverso interazioni neuroendocrine e neurotrasmettitoriali, modula l’attività del sistema immunitario, cosicchè, in determinate condizioni di esposizione a stress intenso e protratto, si può avere un’alterazione di sistema e d’organo, fino alla comparsa di malattia ( ex. Ulcera, congiuntivite, colite etc..)
Tratto da “Che cos’è l’ansia: basi biologiche e correlazioni cliniche”, Torta e Caldera, 2008, Pacini Editore

Ansia e Pensieri

Ansia patologica è uno stato emotivo caratterizzato da preoccupazione e timore che qualcosa di negativo stia per accadere e a cui si ha paura di non riuscire a far fronte. Questo malessere si può presentare con sudorazione, tachicardia, tremore e rigidità muscolare, affanno.
L’ansia può divenire particolarmente invalidante quando limita la routine quotidiana, facendo perdere all’individuo il piacere della scoperta.
L’ansia viene avvertita in maniera maggiore in alcune situazioni portando l’individuo ad associare lo stato emotivo all’evento. La persona che soffre di ansia può arrivare ad evitare alcuni posto, persone o situazioni allo scopo di sottrarsi al ripresentarsi del malessere. Questo comportamento è la conseguenza di una semplice associazione.

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Se si prova ad andare più nel dettaglio si scopre che la sequenza degli eventi è più articolata e complessa. Si evidenzia che tra lo stimolo (La Festa) è la reazione emotiva (Ansia) vi è un tassello molto importante: il pensiero.
La riflessione e il pensiero che si fa sull’evento causa lo stato di malessere.

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L’ansia è la risposta emotiva ad un pensiero che ci fa percepire la situazione come pericolosa e minacciosa. L’interpretazione della realtà attiva, sanamente, il sistema fisico dell’allerta.
Aggiungendo questo nuovo tassello si scopre che la causa del malessere non è l’evento ma il modo di interpretarlo.
Se si prova ad osservare i pensieri delle persone ansiose si riscontra che, molto spesso, sono caratterizzati da frasi volte al futuro. Vi è una tendenza a preoccuparsi degli eventi futuri, prevederli in maniera catastrofica.
Altra caratteristica importante che connota le persone che soffrono d’ansia è il loro credere fermamente ai pensieri. Tutti gli individui possono avere pensieri negativi e ansiogeni (“Andrò alla festa e mi derideranno”) ma quelli che non soffrono di ansia non credono fermamente ai propri pensieri ma li contemplano come possibilità insieme a pensieri più positivi. L’ansioso tende ha focalizzare tutta la propria attenzione sui pensieri negativi e li considera verità assolute e ferme. Proprio il credere ciecamente alle idee ansiogene causa tutti i sintomi correlati al disturbo.
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Una maggiore consapevolezza dei propri pensieri ansiosi, può aiutare le persone che ne soffrono ad osservare con maggiore distacco le cause del proprio malessere. Rintracciare i propri pensieri ansiosi e scoprire che spesso si cerca, invano, di precedere il futuro può aiutare gli individui a diminuire le loro note d’ansia. Può essere d’aiuto mettere in dubbio i propri pensieri ansiogeni (“Non ci riuscirò”; “Mi tratteranno male!”; “Starò male”) ricordandosi che non si può prevedere il futuro (“Chi mi dice che non ci riuscirò? Non posso prevedere il futuro. Non ho certezza che ciò accada”. Il futuro è pieno di diverse possibilità, anche positive. È importante rammentare che cambiando il proprio modo di pensare si possono ottenere netti miglioramenti.

Istruzioni per rendersi infelici: 8 atteggiamenti mentali da evitare

“La mente è un mondo a sé, e da sola può rendere il paradiso un inferno e l’inferno un paradiso” John Milton
“Quasi tutti i sentimenti di sofferenza e dolore hanno la loro radice in un modo errato di guardare la realtà. Quando smetterete di guardare erroneamente, smetterete di soffrire”

Buddha

Fin dai tempi più antichi, l’uomo ha fatto esperienza di pensieri negativi che arrovellano la mente. Tuttavia, è il modo in cui decidiamo di maneggiare questi pensieri che fa la differenza. A seconda dell’interpretazione che attribuiamo agli eventi della realtà possiamo trovarci a sperimentare sicurezza o paura, speranza o panico, responsabilità o vittimismo, vittoria o sconfitta. Vari studi hanno rilevato che avere un atteggiamento mentale negativo nei confronti degli eventi della vita può inficiare lo stato di salute ed avere effetti negativi sulla felicità e il benessere.
Ecco 8 atteggiamenti mentali e pensieri negativi che le persone infelici fanno continuamente… e che renderebbero infelici chiunque di noi li facesse!!!!

1. Avere un dialogo interno auto-svalutante

Il “dialogo interno” è quella sorta di voce interiore che ci accompagna in tutto quello che facciamo. Esso è formato dai pensieri che formuliamo sul mondo. Poichè il dialogo interno costituisce di fatto un insieme di messaggi che inviamo a noi stessi, se è prevalentemente di matrice negativa, esso rischia di sabotare gravemente il nostro benessere: può ridurre il nostro senso di efficacia, diminuire le nostre capacità di perfomance e abbassare il nostro potenziale. I pensieri auto-svalutanti più comuni includono frasi del tipo: “Non posso…”, “Non sono bravo abbastanza!”, “Non riesco…”, “Mi mancano certe caratteristiche…”, “Fallirò!” etc. Vi piacerebbe che un vostro amico continuasse a ripetervi “Non avrai mai successo”, “Non sei bravo abbastanza”, “Sei troppo insicuro”, “Fallirai”? Considerereste questa persona un vero amico? Ovviamente no! Dunque, perché parlate a voi stessi in questo modo? Ingaggiarsi continuamente in pensieri auto-svalutanti è come avere un amico crudele che cerca in ogni modo di sabotarvi. Così facendo, diventate il peggior nemico di voi stessi.

2. Avere attitudini pessimistiche

Una tra le più controproducenti forme di pensiero consiste nel partire da una situazione e vedere solo il lato negativo, o addirittura ipotizzare il peggio. Per molte persone, guardare il bicchiere mezzo vuoto è un’attitudine abituale e automatica. Pensiamo per esempio ad un treno fermo o a una giornata di pioggia. Per alcune persone, questi eventi sono solo esperienze negative, terribili. In realtà, non c’è nulla di positivo o di negativo nel traffico o nel tempo!! E’ il modo in cui si sceglie di guardare le circostanze che rende la situazione positiva o negativa, e questa scelta può immediatamente renderci più forti o più deboli, più felici o più tristi, potenti o vittime. Partendo dalla stessa situazione, possiamo guardare il treno fermo come la possibilità di ascoltare musica rilassante o una giornata di pioggia come l’occasione per andare a casa a berci una buona tazza di cioccolata calda leggendo un bel libro. Dipende tutto da come scegliete di osservare il momento.

3. Fare paragoni negativi con gli altri

Uno dei più facili e comuni modi per sentirsi tristi e insoddisfatti è paragonare se stessi agli altri, in particolare con persone irraggiungibili. Spesso tendiamo a fare confronti con persone che ricevono un sacco di complimenti, che sono molto attraenti, che fanno molti soldi, o che hanno moltissimi contatti sui social. Quando vi trovate a desiderare quello che hanno gli altri, e vi sentite invidiosi, inferiori e inadeguati, molto probabilmente state mettendo in atto paragoni sociali negativi. Vari studi in letteratura (a partire da Aspinwall & Taylor 1993 e Collins 1995) hanno mostrato che le persone che attuano abitualmente confronti negativi con gli altri soffrono più frequentemente di stress, ansia, depressione e pensieri auto-svalutanti.

4. Rimuginare sul passato

Dovremmo imparare dal passato, non farci schiacciare da esso. Può capitare che circostanze avverse della vita ed episodi personali negativi possano bloccarci, farci diventare insicuri nelle scelte e non farci riconoscere nuove brillanti opportunità. Tuttavia, mentre ciò che è avvenuto nel passato non può essere modificato, abbiamo la possibilità di dare una nuova forma a quello che deve ancora accadere. Il primo passo è quello di rompere col passato e dichiarare che siamo noi, non la nostra storia, ad essere in gioco adesso. Goethe ci ricorda “Niente vale più di questo giorno”. Non soffermiamoci sul passato: facciamo scelte migliori oggi e andiamo avanti.

5. Sentirsi impotenti di fronte a persone ostili

È frequente incontrare sulla propria strada persone difficili. Di fronte a questi individui che cercano continuamente la sfida, è facile arrivare a credere che loro siano forti e noi le vittime, e che con il loro comportamento aggressivo abbiano il controllo su di noi. Molti nostri atteggiamenti di fuga, anche se giustificati, sono notevolmente influenzati dalla convinzione della propria debolezza. La chiave per cambiare questa falsa credenza di essere vittime di un prepotente è spostarsi dalla condizione di passività a quella di attività. Se avete a che fare con un narcisista, un passivo-aggressivo, un manipolatore, un intimidatore o un controllante, ci sono molte strategie che potete utilizzare per fronteggiare la situazione.

6. Colpevolizzare gli altri

Colpevolizzare consiste nel far sentire gli altri responsabili delle proprie disgrazie. Molte persone hanno l’abitudine di buttare la colpa della loro infelicità o mancanza di successo su genitori inefficienti, relazioni negative, su svantaggi socio-economici o sulla salute precaria. Certamente è vero che la vita è piena di difficoltà, ed innegabili sono il dolore e le sofferenze che ne conseguono, tuttavia incolpare gli altri della propria infelicità e assumere il ruolo di vittima non è un atteggiamento efficace. A ben vedere, la condizione di vittima consente una serie di vantaggi secondari, ad esempio è più “comodo” puntare il dito contro gli altri per le proprie insoddisfazioni, evitando o ritardando il momento di assumersi la completa responsabilità della propria vita. Tuttavia, è utile notare che l’abitudine a colpevolizzare fa risultare, agli occhi degli altri, sgradevoli e rancorosi e, soprattutto, priva la persona di potere e controllo sulle cose in quanto la responsabilità è spostata su terzi (…). Tra l’altro, spesso e volentieri, le persone “bersaglio” della colpevolizzazione hanno poca idea di quello che veramente state provando e possono non accorgersi di nulla. In realtà, siete voi che vi state facendo prigionieri da soli della vostra acidità e del vostro astio. I vostri sentimenti possono anche essere giustificati, tuttavia non vi aiuteranno a diventare persone felici e di successo.

7. Avere difficoltà a perdonare se stessi

Tutti noi commettiamo errori nella vita. Quando guardate indietro alle vostre azioni passate, ci sono decisioni e gesti che rimpiangete di aver fatto? Ci sono stati errori sfortunati di giudizio che hanno causato dolore a voi stessi e agli altri? Credo proprio che tutti risponderemmo di sì. La domanda più importante, dunque, è un’altra: come rievocate questi eventi passati? Pensate a voi come delle cattive persone e vi sentite in colpa per avere fatto male qualcosa o aver perso delle opportunità? Come visto precedentemente, molto dipende da come leggiamo e rileggiamo gli eventi! Durante questi momenti difficili, è estremamente importante essere compassionevoli con se stessi. (…)
“Perdona te stesso. Tutti facciamo errori. Gli errori non sono permanenti, ma sono momenti isolati. Impara a dire a te stesso: ho fatto un errore, ma questo non fa di me una persona cattiva”

8. Avere timore eccessivo di fallire e di fare errori

Le paure di fallire e di fare errori sono spesso associate con il desiderio di essere stimati ed apprezzati dagli altri e con esigenze perfezionistiche. Vi è mai successo di pensare di non essere stati bravi come desideravate in certe occasioni? Probabilmente ciò non potrebbe essere dovuto all’asticella che avete posizionato troppo in alto? Benchè avere standard elevati possa servire come un ottimo strumento motivazionale, aspettarsi di essere sempre perfetti in tutte le situazioni ha effetti negativi sul nostro benessere, in quanto va ad aumentare i livelli di stress e a diminuire le probabilità di ottenere successo, riducendo così la propria felicità. A conferma di ciò, numerosi studi in letteratura (tra cui Rettner 2010) hanno sottolineato la correlazione inversa tra perfezionismo e felicità: all’aumentare del primo, la seconda tende a diminuire. Un fatto è evidente nella storia: non è umano essere perfetti.
“Si può anche cercare di essere perfetti, ma il costo di questa decisione è molto alto… Come vi sentirete quando non riuscirete a raggiungere i canoni elevati che vi siete imposti?”

Fonte in lingua originale: Psychology today, 8 Negative Attitudes of Chronically Unhappy People

PERFEZIONISMO: 5 passi per ridimensionarlo

(…) La procrastinazione, cioè la tendenza a rimandare, e lo scarso rendimento sono spesso legati ad aspirazioni irrealistiche. Imporsiobiettivi praticamente impossibili da raggiungere non dà affatto la felicità, al contrario, può contribuire a rendere infelici. Quando le nostre ambizioni sono irrealizzabili, infatti, l’ansia aumenta a tal punto da diventare travolgente e controproducente. Invece, quando le persone inseguono mete realizzabili, l’ansia non è più un ostacolo, ma un aiuto, in quanto fa aumentare la motivazione e la concentrazione.
Il bisogno di essere sempre le migliori in qualsiasi cosa (nient’altro che una pretesa impossibile) rende molte persone con tendenze perfezioniste sempre preoccupate, molto tese e sfiduciate.

I PERFEZIONISTI: ANSIOSI E INSICURI

La tendenza al perfezionismo sta prendendo sempre più piede nelle nostre vite. La nostra cultura attuale e’ dominata dall’ossessione per l’apparenza, dallo slancio verso il raggiungimento di uno status sociale elevato o della fama. (…)
Questa continua corsa verso la perfezione espone a sentimenti di nullità, paura e vergogna. La preoccupazione di essere sempre all’altezza tende ad andare di pari passo con una bassa autostima. I perfezionisti molto spesso hanno una voce interna punitiva che critica continuamente la persona di essere pigra quando si sta riposando, oppure perdente quando non riesce a realizzare le aspettative irrealistiche. Questa voce interna castigante è sempre alla ricerca dei difetti dell’individuo. I perfezionisti hanno come grande timore il non raggiungimento delle proprie mete, e questo li porta ad essere insicuri ed ansiosi e a vivere ogni giorno nella paura di provare vergogna (privata) e umiliazione (pubblica). I perfezionisti vedono il mondo e loro stessi in bianco o nero: “O sono il migliore o sono un perdente.” Quando si ricerca la perfezione è facile scivolare in un circolo vizioso: si è continuamente preoccupati di conquistare le proprie folli aspirazioni, ma questo genere molta ansia, allora si cercano scuse per rimandare, ci si sente inadeguati e si formulano nuove aspettative, e così via. Il perfezionista continua a ‘spostare l’asticella’. Non importa quanto lavora duramente e se raggiunge l’obiettivo, un perfezionista non si sentirà mai appagato.
La ricerca della perfezione è come la fatica di Sisifo: spingere continuamente un masso in cima alla montagna per poi vederlo rotolare a valle ogni volta.

IL PERFEZIONISMO COLPISCE UOMINI E DONNE

Il perfezionismo colpisce persone di ogni classe sociale: artisti, avvocati, scienziati, dottori. Colpisce sia uomini sia donne.
Janet, scrittrice, spende ore ed ore tutti i giorni di fronte al suo computer faticando per dare alla luce parole perfette nell’ordine perfetto, credendo che sia il solo ed unico modo per diventare artista. Scrive molto poco e si sente molto triste.
Mike, avvocato, cerca di produrre la sua migliore arringa. Frequentemente si lascia sopraffare dall’ansia per la sua performance ritrovandosi così a giocare coi videogames piuttosto che lavorare.
Janet e Mike sono così preoccupati di raggiungere la perfezione che non possono tollerare le imperfezioni del loro processo creativo. Non possono permettersi di produrre meno delle loro idee perfette e brillanti. Tuttavia, incapaci di produrre il capolavoro al primo tentativo, si demoralizzano, si sentono sconfitti e si vergognano.

IL PERFEZIONISMO E LE ASPETTATIVE GENITORIALI

Il perfezionismo spesso nasce nell’infanzia. E’ possibile che i perfezionisti siano figli di genitori insicuri che investono emotivamente i bambini delle loro grandi aspettative, con il desiderio che i figli realizzino quello che loro non sono stati in grado di ottenere. Essi hanno preteso sempre di più e sono sempre stati molto critici in qualsiasi ambito, dalle performance scolastiche allo sport, dall’imparare a suonare uno strumento al modo di vestire. Inoltre questi genitori faticano ad accettare i limiti e i difetti dei figli. I figli di genitori con a loro volta una bassa autostima si trovano dunque a dover barattare l’accettazione e l’affetto dei genitori con le loro prestazioni. Sentono che per avere l’attenzione dei genitori devono essere perfetti. I genitori vedono i figli come un’estensione di loro stessi e cercano in loro delle soddisfazioni esterne. I bambini, di conseguenza, rispondono a questo con uno sforzo grandissimo per raggiungere i successi che i genitori richiedono loro.
Tutte le volte la madre di Janet criticava il taglio di capelli o i vestiti della figlia, aggiungeva sempre in tono melenso “Tesoro, ma io desidero solo che tu sia perfetta”. Nella famiglia di Mike, invece, il focus principale dei genitori era sottolineare continuamente il loro sacrificio: “Abbiamo lavorato così duramente per aiutarti a diventare il migliore, qualsiasi strada tu abbia deciso di intraprendere..”
Questa continua enfasi sul successo o sul riconoscimento finisce per ingigantire le paure di fallire e di conseguenza il senso di colpa e di vergogna nel caso in cui vengano deluse le aspettative dei genitori. Tutto questo contribuisce a rendere l’autostima ancora più fragile ed aumentare le insicurezze.

5 PASSI PER ‘ADDOMESTICARE’ IL PERFEZIONSIMO

La verità è che nessuno è perfetto.
Ecco 5 semplici passi che potete mettere in pratica per allentare le vostre tendenze ad essere sempre perfetti.
1. Imparate a conoscere a fondo voi stessi per comprendere quali sono i vostri pregi e i vostri difetti, e coltivate i vostri lati positivi. Fate una lista di tutte le cose che vi piacciono, le vostre qualità personali, le relazioni che vi soddisfano, le esperienze significative che vi hanno arricchito.
2. Fate attenzione ai vostri pensieri “tutto o niente” e ricordatevi che non occorre essere i migliori in tutto per sentirsi amati e rispettati. Quando sentite l’urgenza di superare voi stessi perché sentite delle imperfezioni, provate a pensare a tutto quello che avete fatto fino a quel punto.
3. Cercate di essere meno critici verso le altre persone e imparate un po’ di sana pazienza. Così facendo migliorerete le vostre relazioni personali e professionali, e ridurrete anche la paura di essere criticati dagli altri.
4. Circondatevi di persone che non siano così interessate al raggiungimento di status elevati, denaro e successo, ma che apprezzino l’amicizia, la famiglia e le imperfezioni.
5. Se sentire di avere bisogno di qualcosa in più, trovate un terapeuta che vi aiuti ad approfondire i vostri lati positivi e negativi. Nella psicoterapia imparerete ad articolare i vostri desideri e le vostre vulnerabilità. Scoprendo chi siete, come siete fatti e cosa volete, la pressione di essere perfetti diminuirà.

Fonte in lingua originale: Psychology today, 5 Steps to Taming Perfectionism

9 suggerimenti che i genitori di figli ansiosi dovrebbero conoscere

Tutti i bambini sono pronti per andare a scuola.
Tuo figlio si volta verso di te e ti dice: “Non voglio prendere l’autobus. Mi fa male la pancia. Ti prego non farmi andare.”
Immediatamente pensi: “Ci risiamo, ancora con questa storia!”. Ed ecco che un semplice inizio di giornata si trasforma in una sfida ardua. Guardi tuo figlio e vedi nei suoi occhi un autentico terrore. Desideri confortarlo. Vuoi calmare la sua preoccupazione eccessiva.
Come prima cosa, cerchi di usare l’umorismo: “Non ti preoccupare, l’autista ha il record di non-incidenti!!”. Ma lui non si muove.
Allora provi a rassicurarlo: “Ti ho promesso che non ti succederà niente. Guardami… ti fidi di me?” Il bimbo annuisce. Pochi secondi dopo sussurra: “Ti prego non farmi andare.”
Alla fine perdi la pazienza: “Adesso basta! Tu prendi quell’autobus ORA, oppure niente videogiochi per una settimana!”. Ti guarda come se lo stessi obbligando a camminare su una passerella per poi gettarsi in mare aperto. Sale sul pullman, sconfitto. Ti senti un
genitore orribile

Episodi come questo capitano a diversi genitori. La maggior parte dei genitori muoverebbero le montagne per diminuire il dolore e le sofferenze dei figli. I genitori di figli ansiosi muoverebbero anche pianeti e stelle. Vedere il proprio bambino così spaventato da situazioni che francamente non sembrano così paurose è qualcosa che frustra e disorienta. Tuttavia, è proprio questo il punto: agli occhi di tuo figlio queste situazioni sono davvero terrificanti. E, come per tutte le minacce percepite, si attiva nel bambino uno stato di “allerta”. Questo fenomeno prende il nome di ansia.
L’ansia è una condizione molto diffusa. In USA, circa 40 milioni di Americani adulti soffrono di un disturbo d’ansia, ma il dato più sorprendente è che a soffrirne è 1 bambino su 8.
Questi bambini perdono molti giorni di scuola, non svolgono le attività tipiche della loro età, come andare alle feste oppure fare i compiti a casa di un amico, e il loro sonno risulta spesso disturbato da pensieri e paure. Molti genitori sperimentano sentimenti di enorme frustrazione e si sentono senza speranza quando ogni giorno devono assistere alle eccessive preoccupazioni del figlio.
Non esiste un’unica soluzione per curare l’ansia, ma ci sono molteplici tecniche che possono aiutare i genitori a maneggiare più efficacemente le più varie preoccupazioni dei figli. (…)
Ecco 9 suggerimenti, tratti dal programma “GoZen” messo a punto da Renee Jain, che i genitori di figli ansiosi possono provare a mettere in pratica.

1. Basta rassicurare tuo figlio!
Tuo figlio ha paura. Tu sai che non c’è niente di cui avere paura, così dici: “Fidati di me. Non c’è nulla da temere!”. Tuttavia questo non sembra essere sufficiente. Perché le tue rassicurazioni cadono nel vuoto? Non è un problema di udito. Il bambino ansioso vuole disperatamente ricevere rassicurazioni, ma il cervello non permette che vengano recepite. Infatti, durante periodi di ansia c’è una rapida riduzione dell’attivazione della corteccia prefrontale. Questa componente del cervello, quella più razionale, viene messa temporaneamente in stand-by, mentre la parte del cervello più emotiva e automatica prende il sopravvento. In altre parole, è veramente difficile per tuo figlio pensare in maniera chiara, usare la logica o ricordare anche solo i compiti più basilari.

Che cosa potresti fare invece di cercare di razionalizzare le paure? Prova il “metodo FEEL”, una mentalità generale con cui approcciarti all’ansia:
– (Freeze) Fermati: prendi una pausa e fai qualche respiro profondo insieme a tuo figlio. Respirare profondamente aiuta a rallentare la risposta del sistema nervoso.
– (Empathize) Empatizza: l’ansia è paura. Tuo figlio vuole solo sapere che hai capito come sta.
– (Evaluate) Esegui una Valutazione: una volta che il bimbo è calmo, è possibile valutare insieme una soluzione.
– (Let go) Lascia andare: lascia andare la tua colpa; sei un bravo genitore che dà al proprio figlio gli strumenti per maneggiare le paure.

2. Sottolinea l’utilità delle preoccupazioni

Ricordati: l’ansia è già difficile da gestire senza che un bambino creda “C’è qualcosa di sbagliato in me”. A causa di ciò, molti bambini sviluppano addirittura l’ansia di avere l’ansia. Ecco perché occorre dire ai bambini che le preoccupazioni servono, sono utili. Quando i nostri antenati cacciavano e cercavano cibo, essere preoccupati e in allerta li aiutava ad evitare pericoli come il gatto dai denti a sciabola, sempre in agguato dietro ai cespugli. Nei tempi moderni, non abbiamo bisogno di scappare dai predatori, tuttavia conserviamo dentro di noi questa impronta evolutiva, la preoccupazione, che ci protegge dai “pericoli” quotidiani. La preoccupazione è un meccanismo protettivo. È il nostro campanello che ci avvisa di un pericolo che sta per arrivare. È importante insegnare ai bimbi che le ansie sono normali e comuni, che ci proteggono e tutti ne hanno fatto esperienza.
Capita a volte, però, che il nostro sistema ci invii dei falsi allarmi. Per fortuna queste preoccupazioni eccessive possono essere controllate con semplici tecniche.

3. Porta alla luce le preoccupazioni di tuo figlio

Come probabilmente sai, ignorare l’ansia non aiuta. È anzi fondamentale portare alla consapevolezza le preoccupazioni di tuo figlio e parlarne. A questo scopo, potrebbe essere utile e divertente creare insieme un personaggio fantasioso che personifichi la preoccupazione. In GoZen è stato creato Widdle il Guerrirero, che rappresenta l’ansia. Widdle vive nel “vecchio” cervello, che è responsabile di proteggerci quando siamo in pericolo. Certamente, capita che alcune volte Widdle perda un po’ il controllo e, quando succede, è necessario parlare proprio con lui. Puoi usare questa stessa idea con un animale di pezza o fare dei giochi di ruolo a casa. Personificando una preoccupazione o creando un personaggio si hanno benefici multipli: può aiutare a diminuire l’intensità della paura che i bambini provano quando sono spaventati, può attivare la parte più razionale del cervello, ed è uno strumento che i bambini possono usare da soli in qualsiasi momento.

4. Insegna a tuo figlio ad essere un “detective del pensiero”
Ricordati che la preoccupazione è una modalità del cervello per proteggerci dal pericolo. Per avere la sicurezza di ottenere la nostra piena attenzione, la mente spesso esagera l’oggetto della preoccupazione (per esempio, scambiamo un bastoncino per un serpente). Per identificare i pensieri disfunzionali (cioè quelli che non sono realistici ma derivano da una eccessiva previsione del pericolo) è possibile utilizzare la “tecnica delle 3C”:
A) (Catch your thoughts) Afferra i pensieri: immagina tutti i pensieri che stanno fluttuando sopra la tua testa, come se fossero all’interno di una nuvoletta (come quella dei fumetti). Adesso, prendi una di queste nuvolette contenente un pensiero preoccupante, per esempio “Non piaccio a nessuno a scuola”
B) (Collect evidence) Colleziona evidenze: come passo successivo, colleziona evidenze che supportino o neghino questo pensiero. Insegna a tuo figlio che tali evidenze devono riguardare i dati di realtà e non i suoi sentimenti. Le emozioni non sono fatti!
– Evidenze che supportano: “Ho fatto fatica a trovare qualcuno che si sedesse con me a pranzo ieri”
– Evidenze che negano: “Io e Alice facciamo i compiti insieme, lei è una mia amica”
C) (Challenge your thoughts) Sfida il pensieri: Sulla base delle evidenze che hai raccolto, metti in dubbio il tuo pensiero inziale e trova pensieri che descrivono meglio la relatà, ad esempio: “Potrei non andare d’accordo con qualcuno, ma per la maggior parte del tempo ho amici su cui contare”.

5. Permetti a tuo figlio di avere preoccupazioni

Come ben sai, dire a tuo figlio di smettere di preoccuparsi non previene dal farlo. Se i tuoi figli potessero allontanare queste preoccupazioni, lo farebbero. Permettere a tuo figlio di essere preoccupato in maniera aperta, in dosi però limitate, può essere una strategia utile.
Crea un rituale giornaliero chiamato “Tempo delle preoccupazioni” che dura 15 minuti. Durante questo momento, incoraggia il bambino a scrivere su un foglio tutte le preoccupazioni che ha. Per rendere tutto più divertente potete creare insieme la “Scatola delle ansie”. Durante questo momento non ci sono regole su cosa sia una preoccupazione valida, tutto va bene! Quando il tempo è terminato, chiudete la scatola e dite insieme “Arrivederci preoccupazioni.”

6. Aiutalo a passare da “COSA SUCCEDEREBBE SE..” a “COSA SUCCEDE ADESSO”

Pensavi che non fosse possibile, ma le persone sono capaci di viaggiare nel tempo. Mentalmente, infatti, spendiamo molto tempo nel futuro. Per alcuni soggetti che soffrono di ansia, questo tipo di viaggio mentale non fa altro che aumentare le preoccupazioni. Un tipico viaggiatore nel tempo si pone domande Cosa potrebbe succedere se…: “Cosa potrebbe succedere se non riuscissi ad aprire il lucchetto della bicicletta?”, “E se l’autobus avesse in incidente?”. Una ricerca condotta da Winston-Salem (2013) ha osservato che rimanere ancorati al presente può aiutare a ridurre l’intensità delle preoccupazioni. Un metodo efficace in questo senso è praticare esercizi di mindfulness. Queste tecniche consentono al bambino di passare da domande “Cosa succederebbe se…?” a domande “Cosa succede adesso?”. Per fare questo, aiuta tuo figlio a concentrarsi sul proprio respiro per alcuni minuti.

7. Evita di fargli evitare tutto quello che causa ansia

Tuo figlio vorrebbe non andare a scuola o alle feste di compleanno? vorrebbe stare lontano dai cani? vorrebbe evitare tutte le situazioni che creano ansia? E tu, come genitore, l’aiuti a evitare tutto ciò che lo preoccupa? Certamente è una cosa naturale. Nelle situazioni di forte ansia, la risposta privilegiata è proprio quella della fuga, che porta il bambino a scappare di fronte a tutte le situazioni che percepisce come minacciose. Sfortunatamente, a lungo andare, l’evitamento rende l’ansia ancor più ingestibile. Qual è allora la soluzione? Prova un metodo chiamato “Scala a pioli”. Per diventare più abiliti a maneggiare le loro preoccupazion, i bambini possono utilizzare una strategia che consiste nel romperle in pezzi più piccoli, in modo tale da affrontare un pezzettino alla volta, fino a quando quel pezzettino non innesca più una reazione di ansia. Permetti a tuo figlio di dire che ha paura di sedersi sull’altalena al parco. Poi, invece di evitare questa attività, crea piccoli obiettivi che si avvicinino lentamente alla situazione temuta: all’inizio arrivate solo davanti all’ingresso del parco, poi fate un giro all’interno, poi siedete sull’altalena, solo alla fine cominciate a dondolare lentamente. Aspettate che l’attivazione emotiva di fronte al piccolo obiettivo ansiogeno diminuisca, per poi passare all’obiettivo successivo.

8. Aiutalo a lavorare attraverso una lista

Cosa fa un pilota addestrato quando incontra una emergenza? Non improvvisa, ma consulta la sua “lista delle emergenze”. Anche se hanno fatto anni di addestramento, tutti i piloti lavorano con la loro lista perché quando c’è un pericolo è difficile pensare in maniera chiara. Anche i bambini, quando sono di fronte alle loro ansie, si sentono nello stesso modo. Perché non creare una lista che permette di calmarli passo dopo passo? Cosa devono fare quando sentono che l’ansia sta aumentando vertiginosamente? Il primo passo potrebbe essere prendersi una pausa e fare un respiro profondo. Per i punti successivi, puoi farti ispirare dai suggerimenti contenuti in questo articolo. Può essere divertente creare insieme a tuo figlio una copia cartacea che il bimbo può tenere sempre con sé e che lo aiuti quando si sente preoccupato.

9. Pratica auto-compassione

Guardare il proprio figlio che soffre d’ansia può essere molto doloroso, frustrante e confusivo. Almeno una volta ciascun genitore si è chiesto se possa essere lui la causa dell’ansia del figlio. Le ricerche in merito hanno mostrato che l’ansia è spesso il risultato di più fattori (geni, fisiologia del cervello, temperamento, fattori ambientali, eventi traumatici passati). Ricordati dunque che non sei la causa dell’ansia di tuo figlio, ma puoi aiutarlo a superare il problema. Per migliorare il benessere di tutto il tuo nucleo familiare, impara a praticare l’auto-compassione. Ricordati che non sei solo/a e non sei colpevole. È tempo di abbandonare le auto-critiche ingiustificate e perdonare se stessi.

Fonte in lingua originale: Huffington Post: 9 Things Every Parent with an Anxious Child Should Try